Enrico Beruschi il Flauto Magico Principato di Seborga Orchestra
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Riscrittura teatrale e adattamento musicale dall’opera originale
“Die Zauberflute” (K 620)
regia: Fabrizio Dossena
sceneggiatura: Vitaliano Gallo
editing e grafica: Anna Maria Costanzo
Enrico Beruschi: attore
Beatrice Cotivafa: attrice
Beatrice Cotivafa: attrice
Cristina Noris: clarinetto / corno di bassetto
Vitaliano Gallo: fagotto / chitarra / armoniche
Giancarlo Bacchi: contrabbasso
Massimo Dalprà: pianoforte
Orchestra: I^ accordo
Accensione prima candela (comparsa)
E. Beruschi voce fuori campo
“ Che la Sapienza illumini il nostro Lavoro”
Orchestra: II^ accordo
Accensione seconda candela (comparsa)
E. Beruschi voce fuori campo
“Che la Bellezza lo irradi e lo compia”
Orchestra: III^ accordo
Accensione terza candela (comparsa)
E. Beruschi voce fuori campo
“ Che la Forza lo renda saldo”
Orchestra inizia a suonare l'ouverture e contemporaneamente
E. Beruschi entra in scena con passo lento rituale.
LIBRO 1° -
“Che la Sapienza illumini il nostro Lavoro”
Fra le montagne dell’antico Egitto, in un paesaggio roccioso cosparso di alberi, il Principe Tamino fugge inseguito da un drago. Spaventato e sfinito cade in terra svenuto.
Quando rinviene trova il drago ucciso ai suoi piedi, trafitto da tre Dame al servizio della Regina della Notte.
Ma lui non lo sa.
Nello stesso momento arriva Papageno, con un'enorme gabbia di uccelli sulle spalle commissionati dalla Regina stessa.
Vedendo la scena ed approfittando dell'accaduto, Papageno si vanta di essere stato lui ad uccidere il drago.
Le tre Dame, avendo udito la sua menzogna, decidono di mettergli un lucchetto sulla bocca.
E dicono al Principe:
“Siamo state noi a salvarti.
Ti attendono delizie e gioie.
Ecco, la Grande Regina
ti manda questo ritratto,
è di sua figlia Pamina.
Se questo volto,
Ella disse,
non ti sarà indifferente,
in sorte avrai
felicità, onore e gloria.”
Tamino, contemplando il ritratto, declama:
“Io sento
che quest'immagine divina,
di palpiti
mi riempie il cuore....
è dunque amor
il mio sentimento?
O, se potessi mai trovarla”.
Magicamente appare innanzi al Principe Tamino la Regina della Notte, dicendogli che sua figlia vive segregata in un castello, rapita dal malvagio Sarasto.
“Tu Tamino,
andrai a liberare Pamina,
tu salverai mia figlia;
e se ti rivedrò vincitore,
Ella sia
eternamente tua”.
Le tre Dame al seguito a loro volta dicono:
“O Principe,
ricevi in dono
dalla nostra Regina
questo Flauto,
egli è Magico,
ne sarai protetto
dai pericoli”.
“Papageno, invece a te
la Regina fa la grazia,
ti condona la pena
togliendoti il lucchetto,
non mentire più!
Custodisci questa scatola
che contiene dei campanelli,
occorreranno
alla tua sicurezza”.
“Tre fanciulli
vi condurranno
al castello di Sarastro
aleggiando sopra di voi
su una mongolfiera “.
LIBRO 2° -
“Che la Bellezza lo irradi e lo compia”
Tamino e Papageno, guidati dalla mongolfiera, giungono al castello.
I tre fanciulli indicano a Tamino il Tempio della Sapienza e, prima di congedarsi, gli dicono:
“Questo sentiero
ti porta alla meta,
sii fermo, fedele
e silenzioso,
allora
vincerai da uomo”.
Tamino si avvicina alla porta ed una voce gli dice: “Indietro !”.
La porta si apre piano piano ed appare un Sacerdote che dice a Tamino:
“Dove vuoi andare
audace straniero?
Che cerchi
in questo Sacrario?”
Tamino risponde:
“Possedere
l'amore e la virtù”
Il Sacerdote ribatte:
“Sento
che virtù e amore
non ti guidano,
t'accende invece
la vendetta
della Regina della Notte
per Sarastro,
devi sapere in verità
che lui stesso
ha salvato Pamina
dalle tenebre
sottraendola alla madre.
Se vorrai accedere
alla Virtù e all'Amore
è giusto
che tu venga con noi
e otterrai
la Luce!”.
Papageno nel frattempo riesce a penetrare nelle grotte del castello,
incontra Pamina là segregata e le riferisce dell'amore che Tamino prova per lei e della volontà di liberarla. Pamina, udite queste parole, sente anche lei di amarlo. Papageno e Pamina tentano di fuggire dal castello ma vengono riacciuffati dal servo Monostatos e portati dinnanzi a Sarastro, da poco di ritorno.
Sarastro dice a Pamina che in realtà la sta proteggendo dalla madre e, se così non fosse, perderebbe la sua felicità e l'amore di Tamino.
Detto questo Sarastro, l'Oratore e i Sacerdoti si apprestano in marcia alla loro cerimonia e, una volta adunati, dicono:
“O Voi Iniziati
al Tempio della Sapienza
al servizio di
Osiride e Iside,
vi comunico
che il Principe Tamino
vaga nel nostro Tempio
alla porta del Nord,
alla ricerca della Luce,
vegliamo
su questo virtuoso
tendendogli
la nostra amichevole mano”.
“Recatevi subito
da Tamino e Papageno
e conduceteli entrambi
nell'atrio del Tempio
affinchè vengano sottoposti
alle prove dei Viaggi Iniziatici
per poter pervenire
alla Luce”.
Nello stesso momento a Pamina, messa al sicuro in un'ala del castello, appare la madre, la Regina delle Tenebre, insieme al servitore Monostatos.
Ella spiega alla figlia che suo padre prima di morire si donò
agli Iniziati offrendo loro il settemplice cerchio solare, il quale possiede il potere sulla luce e sulle tenebre e, senza di esso, ella non ha alcun potere.
Dà quindi a Pamina un pugnale affinché uccida Sarastro e gli sottragga il cerchio solare che tiene appeso al collo.
Pamina risponde che giammai compirà questo gesto sia per amore verso Tamino e sia per l'amore verso il suo defunto padre che fu un Sacerdote di Sarastro.
La Regina della Notte infuriata ribatte, fuggendo via:
“Se per mano tua
Sarastro non perirà,
tu non sarai più
mia figlia
ed ogni nostro legame
sarà distrutto!”.
LIBRO 3° -
“Che la Forza lo renda saldo”
Pamina rimane con il servo Monostatos, di lei innamorato senza tuttavia essere corrisposto. Monostatos le strappa di mano il pugnale cercando di ucciderla ma all’istante compare Sarastro che prontamente riesce a fermare l’assassino.
Ciononostante lo perdona in quanto ritiene che il frutto del suo desiderio omicida derivi dalla Regina delle Tenebre; pertanto non lo punisce ma lo scaccia dal Tempio e lo manda dalla Regina stessa.
Pamina ringrazia Sarastro per la sua magnanimità, esprimendogli tuttaviatutto il suo affetto per la madre sia pure biasimandone il desiderio di vendetta.
Sarastro chiede a Pamina di perdonare la madre e declama:
“In queste sacre soglie
ignota
è la vendetta,
e se ha peccato
un uomo,
al dovere
lo riconduce amore.
Felice e contento
a un paese migliore
lo condurrà
una mano amica”.
Alla porta nord del Tempio incominciano i preparativi per l'Iniziazione di Tamino e Papageno.
Il Sacerdote raccomanda ai due: “Silenzio!”.
Nel corso di questa prova arrivano con la mongolfiera i tre fanciulli i quali fanno calare dall’alto, appesi ad un filo, il flauto e i campanelli lasciati precedentemente fuori dal Tempio, dicendo:
“Ecco i vostri strumenti,
la gioia premierà
il vostro valore ...
Tamino coraggio ...
e tu Papageno ...
taci!”.
Infatti Papageno, oltre a parlare in continuazione, si abbuffa di cibo e bevande che riesce a trovare nel castello. Papageno verrà scartato
immediatamente perchè non possiede la dote della perseveranza, ha
infranto la regola del silenzio e l'unico suo desiderio consiste nel
mangiare, bere, dormire e incontrare l’amore terreno di una Papagena!
Il Sacerdote che lo ha in custodia lo accontenta, gli mostra da lontano l'anima gemella ma poi lo scaccia via dal castello.
Tamino subisce la prova del Silenzio e della Fermezza. In questa prova incontra faccia a faccia Pamina e, non potendo proferire parola, inizia a suonare il flauto, inducendo Pamina a correre verso il suono e a incontrarlo. Lui non può rispondere, come gli è stato ordinato, ma lei non lo sa e dice:
“Tamino
mio solo amato,
guarda queste lacrime
scorrere per te.
Se non senti
l'anelito d'amore,
avrò pace
nella morte!”.
Superata la prova del Silenzio, al canto “O Iside e Osiride” dei Sacerdoti, Sarastro, Gran Sacerdote del regno della Saggezza, chiama Pamino:
“Principe,
il tuo comportamento
finora
è stato virile e calmo.
Ti aspettano ancora
i viaggi pericolosi
dei quattro elementi.
Ti guidino oltre, gli Dei.
Dammi la mano,
e guarda!”
“S'introduca Pamina”....
e si rivolge a lei
“Tamino voleva vederti
per l'ultima volta
prima di affrontare
poi si rivolge a lui:
“Ora va, fa presto.
La tua promessa ti chiama.
L'ora è giunta,
ci rivedremo!”.
Tamino viene scortato da due armigeri che recitano:
“Chi cammina
su questa strada
piena di dolori,
terra, acqua, aria, fuoco
lo purificano;
se vincerà
il terrore della morte
si librerà
dalla terra al cielo.
Illuminato,
egli potrà
votarsi interamente
Nel momento in cui Tamino si appresta alla prova, si precipita sul posto Pamina dicendo:
“Tamino
vengo con Te,
non ci separerà più nulla,
mano nella mano,
l'Amore
ci conduce”,
e prosegue
“Ora suona il Flauto ...
il Flauto Magico!
Che protegga
il nostro cammino”.
Tamino e Pamina affrontano con successo i viaggi dei quattro elementi. I Sacerdoti tutti in coro acclamano:
“Trionfo! Trionfo!
Nobile Coppia!
Siete consacrati a Iside.
Venite,
entrate nel Tempio”.
E Papageno? Papageno nel frattempo vaga nel bosco cercando la sua dolce metà, dopo averla chiamata per tre volte con il suono dello zufolo. Sconsolato per la scomparsa di Papagena, decide di farla finita legando un nodo scorsoio a un albero ma viene fermato in tempo dai tre fanciulli che giungono dall’alto a bordo della loro mongolfiera ed esortano Papageno a suonare i campanelli magici. Ai primi tintinnii appare d'incanto Papagena. Tra un PA...PA... e l'altro, i due innamorati iniziano a cantare e danzare di gioia, promettendosi amore eterno e intonando:
“Quale gioia,
se gli Dei
fan progetto
del nostro amore
di donare
dei bambini,
Contemporaneamente dalle segrete dei sotterranei del castello, la Regina della Notte, Monostatos e le tre Dame tentano un attacco finale per uccidere Sarastro e impossessarsi del suo regno ma un improvvisoterremoto li inghiottirà nelle profondità della terra.
Si celebra così la vittoria del Bene sul Male, Pamina e Tamino vengonoaccolti nel Regno Solare di Sarastro.
Finale – Coro dei Sacerdoti:
“O Iniziati,
salute a voi!
La notte
avete attraversato.
Grazie a te, Osiride,
grazie a te, Iside!
Che la Luce della Forza
resti nei nostri cuori
(spegne la III° candela - comparsa)
Che la Luce della Bellezza
resti nei nostri cuori
(spegne la II° candela - comparsa)
Che la Luce della Sapienza
resti nei nostri cuori”
(spegne la I° candela) la comparsa esce lentamente a passo di cerimonia
Vitaliano Gallo
vitalianogallo@virgilio.it
tel + 39. 360. 638790
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ps:
STORIA DI UN COMUNE INDIPENDENTE.
Il
piccolo comune di Seborga è situato nell’entroterra tra
Ospedaletti e Bordighera e dista dal capoluogo circa 46 km.
Seborga
fa parte della Comunità Montana Intemelia dal 1º gennaio 2009
quando con la disciplina di riordino delle comunità montane,
regolamentate con la Legge Regionale n° 24 del 4 luglio 2008[3] e in
vigore dal 1º gennaio 2009, il comune è stato incluso delegando la
stessa alle funzioni amministrative in materia di agricoltura,
sviluppo rurale, foreste e antincendio boschivo.
Storia
In origine, era un borgo appartenente ai conti di Ventimiglia. Nel 954 il conte Guido cedette questa parte del contado ai monaci benedettini di Lerino. Alla data del 954 può quindi farsi nascere il feudo di Seborga. Nella seconda metà del XII secolo il comune di Genova pretese che Seborga diventasse parte del proprio territorio. Iniziò quindi una causa con l’abate di Lerino e il 13 luglio del 1173 fu emessa la sentenza che confermava il lascito del 954.
In origine, era un borgo appartenente ai conti di Ventimiglia. Nel 954 il conte Guido cedette questa parte del contado ai monaci benedettini di Lerino. Alla data del 954 può quindi farsi nascere il feudo di Seborga. Nella seconda metà del XII secolo il comune di Genova pretese che Seborga diventasse parte del proprio territorio. Iniziò quindi una causa con l’abate di Lerino e il 13 luglio del 1173 fu emessa la sentenza che confermava il lascito del 954.
Nel
1181 la Repubblica di Genova che aveva esteso i suoi domini sino a
Nizza dichiarò di assumere la protezione delle isole di Lerino e
quindi anche di Seborga; in realtà, di fatto Seborga continuò a
dipendere politicamente e amministrativamente dalla Contea di
Provenza[5]. Tale situazione rimase immutata sino al ‘700, secoli
comunque caratterizzati da continui litigi sull’entità dei confini
di Seborga[5].
Nel
1666, la vigilia di Natale, l’abate Cesare Bacillon appalta a
Bernardino Bareste una zecca per la durata di cinque anni dietro a un
corrispettivo di 740 lire all’anno. Vi si coniarono imitazioni del
petit louis dal 1667 al 1671. Le monete recavano al dritto il busto
di san Benedetto e al rovescio lo stemma ancora in uso. La
circolazione di queste monete fu in seguito vietata dal re di
Sardegna e le monete stesse furono stigmatizzate dal vescovo di Nizza
nel 1672. Sono noti altri contratti di appalto della zecca nel 1679 e
nel 1684, ma non sono noti prodotti di questi contratti successivi.
Nel
1697 Vittorio Amedeo II di Savoia è sul punto di comprare il
territorio di Seborga ma l’opposizione dei genovesi che fecero
pressioni sul Papa fa sì che la vendita si perfezioni solo
trent’anni dopo (il 31 gennaio 1729).
Seborga
entrò, con la Liguria, nel 1815[5] a far parte del Regno di Sardegna
prima, del Regno d’Italia e della Repubblica Italiana poi.
La
presunta indipendenza di Seborga
A
partire dagli anni ’50 del XX secolo alcuni membri della comunità
di Seborga hanno rivendicato un’indipendenza dalla Repubblica
Italiana, in virtù di un presunto antico status di principato di cui
la località anticamente avrebbe goduto, ritenendo non valida
l’annessione al regno di Sardegna.
I
cittadini di Seborga eleggono perciò anche un “principe” con
funzioni prettamente simboliche (dal 14 maggio 1963 fino al 25
novembre 2009, data della sua morte[10], ha “regnato” Giorgio I,
al secolo Giorgio Carbone, e dal 25 aprile 2010 “regna” Marcello
I, al secolo Marcello Menegatto), che è coadiuvato da un consiglio
di 9 “ministri”, privi di potere legale.
Il
“principato” conia una “moneta”, chiamata luigino (nome
ispirato a quello delle monete coniate nel XVII secolo), senza alcun
valore legale, ma utilizzata come buono spendibile in città; ciò ha
suscitato un certo interesse nel mondo del collezionismo numismatico.
Il valore dato al cosiddetto luigino è fissato in 6 dollari USA.
Seborga
ha anche proprie “targhe automobilistiche” che, però, non
possono essere utilizzate se non a latere di quelle italiane. Vengono
poi distribuiti ai richiedenti “passaporti” e “patenti di
guida” recanti l’effigie e i timbri del “principato”, che
hanno unicamente funzione folkloristica e di promozione turistica.
La
pretesa indipendenza del “principato” sarebbe, secondo molti,
soltanto una trovata pubblicitaria per attirare turisti e
investitori[13].
La notizia di una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, pubblicata anche da Il Giornale, edizione online n. 134 del 08-06-2006[14], è stata però smentita dallo stesso portavoce del “Principato” e sul sito della Corte Internazionale non si trova traccia del protocollo citato dal quotidiano[15], né di alcuna azione intrapresa relativamente a Seborga.
La notizia di una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, pubblicata anche da Il Giornale, edizione online n. 134 del 08-06-2006[14], è stata però smentita dallo stesso portavoce del “Principato” e sul sito della Corte Internazionale non si trova traccia del protocollo citato dal quotidiano[15], né di alcuna azione intrapresa relativamente a Seborga.
Il
“principato” non è ovviamente riconosciuto dall’Italia (che ha
di fatto la reale giurisdizione sul territorio).
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